Quei monti azzurri
Carlo Simoni
Quei monti azzurri
La vita quotidiana e le figure che animano palazzo Leopardi riempiono le pagine di un immaginario, ma non inverosimile, quaderno di Paolina, divisa tra passione per lo studio e senso di segregazione; vaghe speranze d’amore e consapevolezza del proprio infelice aspetto; soddisfazione per le prime prove della genialità del fratello e timore che il suo desiderio di gloria si traduca fatalmente nella decisione di lasciare Recanati, di valicare quei «monti azzurri» che chiudono l’orizzonte, e sembrano evocati nella composizione cromatica che William Turner creò nel 1819. L’anno stesso in cui Giacomo tenterà di fuggire dalla casa paterna e, a poche settimane dal fallimento del suo disperato progetto, comporrà L’infinito, dove non i monti lontani ma la vicina siepe impedisce allo sguardo di giungere all’ultimo orizzonte. Sarà in questi versi che Paolina potrà credere, sia pure per poco, di intravedere l’approdo all’idea che, a confronto dell’immensità dello spazio, e dell’incommensurabilità del tempo, l’altrove sfumi nel qui, nel posto in cui ci è stato dato di vivere.
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