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Don Luigi Ciotti sul saggio di Giuseppe De Marzo

Giuseppe De Marzo, economista, attivista e scrittore, ha lavorato per dieci anni sul campo con i movimenti sociali latinoamericani al fianco delle popolazioni indigene e rurali. Lavora con don Ciotti, è responsabile per le Politiche Sociali di Libera e coordinatore della Rete dei Numeri Pari. Ha pubblicato Per amore della Terra (Castelvecchi, 2019), Così va il mondo, con Gianni Minà (2017), Anatomia di una rivoluzione (Castelvecchi, 2012), Buen Vivir. Per una nuova democrazia della Terra (2009) e Radical Choc di cui riportiamo l’introduzione di don Luigi Ciotti.

Tra le attività promosse dalla Rete dei Numeri Pari anche la piattaforma Mosaico Roma: i 26 febbraio il quinto appuntamento dedicato al tema del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e alle proposte per pianificare oltre l’emergenza il futuro di Roma Capitale.  

Prefazione di don Luigi Ciotti
È difficile aggiungere parole alla ricchezza, profondità e vastità di sguardo di questo libro di Giuseppe De Marzo, amico, collaboratore e instancabile promotore della rete “Numeri pari” ideata dal Gruppo Abele e da Libera. Mi limiterò allora a qualche riflessione a margine di passaggi che mi sono sembrati particolarmente incisivi e preziosi. Giuseppe scrive nelle prime pagine che la pandemia del Covid-19 sta mettendo tutti «spalle al muro». E spiega con chiarezza cristallina il perché: la crisi è di tale portata che non solo mette in evidenza problemi che l’Occidente da oltre cinquant’anni minimizza, nega o comunque evita di affrontare, ma ne rivela le responsabilità e l’evidente inadeguatezza a farvi fronte. Chi ha causato il male non può insomma più spacciarsi come medico. Da qui la necessità di nuove strategie ma, prima di tutto, di un nuovo approccio e pensiero. «Abbiamo la sensazione che le vecchie basi scientifiche e filosofiche su cui poggia la nostra concezione di modernità non siano più in grado di affrontare le sfide che abbiamo di fronte» osserva De Marzo. Che più avanti afferma: «Il mutamento dipenderà […] da azioni e culture che riportino l’essere umano a vedersi e sentirsi parte della vita e a non concepirsi come l’unica entità vivente cui dev’essere garantito il diritto alla vita». Si tratta insomma di pensare e agire secondo quel «nuovo paradigma» su cui tanto insiste Papa Francesco nella Laudato si’, testo non a caso citato più volte da Giuseppe De Marzo. Nuovo paradigma che scaturirà da un’analisi coraggiosa – fuori da schemi riduttivi e rassicuranti – di problemi che stanno mettendo a rischio la sopravvivenza del pianeta e dunque della specie umana. E, insieme, da un confronto rigoroso con l’irresponsabilità e la sete di potere dell’uomo occidentale, veicolate da ideologie e modelli economici che riconoscono solo a una parte dell’umanità – quella proprietaria e sfruttatrice – il diritto alla vita. Proiezione su scala globale della disumana logica selettiva operante nei lager nazisti descritta in pagine memorabili da Primo Levi in I sommersi e i salvati. Un passaggio che esprime efficacemente l’ineluttabile resa dei conti a cui ci chiama la crisi è quello in cui l’autore afferma che ignorare la fragilità, l’interdipendenza e la relazionalità della nostra natura ha causato il collasso della nostra civiltà e prodotto appunto la crisi. C’è, insomma, alla base un problema di conoscenza, di cultura, e c’è dunque da chiedersi se l’“io” – perno attorno cui ruota l’individualismo occidentale – non sia che il risultato di questa ignoranza, di questo sguardo che non vede o vede solo quello che gli torna utile vedere. L’egocentrismo individualista è insomma il frutto velenoso e devastante di un distacco dalla nostra natura e dunque da quella dell’universo, perché, come dice opportunamente Giuseppe, anche noi siamo natura: «natura umana». Si capirà allora quanto lunga e ardua sia la strada di un cambiamento vero, che non sia semplice adattamento. Si tratta di costruire una nuova politica, una nuova economia, ma prima ancora una nuova scuola, una nuova cultura, una nuova pedagogia. Perché tutti noi veniamo al mondo incorrotti: un bambino non è ancora un “io” separato, in un bambino c’è continuità tra una precoce percezione di un “sé” e un altrettanto precoce percezione del mondo e della vita, e questo è testimoniato dallo sguardo stupito che tutti noi abbiamo avuto nei primi anni di vita, anche nel contesto d’infanzie difficili, uno sguardo in cui si sarebbero affacciate, via via, le grandi domande dell’esistenza: che senso ha vivere? E gli altri, sono un ostacolo o un’opportunità, un’insidia o una ricchezza? E la natura? Che cos’è l’emozione che ogni volta si rinnova di fronte al mare, alle montagne, ai boschi e agli animali, sempre così semplici e veri? Domande a cui una pedagogia ispirata da un Nuovo Umanesimo dovrà lasciare l’ampio spazio che meritano, lasciando che da esse maturi la consapevolezza del nostro essere cittadini del mondo e della Terra, nel segno di quella cittadinanza sociale e ambientale a cui richiama Giuseppe De Marzo in queste sue pagine appassionate. Impegno arduo e incondizionato, dicevo. Ma anche scelta non più prorogabile, questione di vita o di morte. Una delle sintesi più efficaci dell’ultimatum che la vita, nel suo insieme, pone alla nostra cieca sete di potere viene, come spesso accade, da Papa Francesco: «Ci credevamo sani in un mondo malato» ha detto il Papa lo scorso 27 marzo, nel pieno della tragedia, per poi aggiungere il 31 maggio, quando il numero quotidiano delle morti aveva cominciato a diminuire, che «peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla».
Questo libro contiene preziose analisi e indicazioni per evitare uno spreco che sarebbe letale.

© 2020 Lit edizioni S.a.s.

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