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Un estratto da “I bancari hanno un’anima?” di Luigi Giario

Luigi Giario, cuneese, ha lavorato a lungo in una grande banca, dove si è occupato principalmente di crediti e mutui fondiari. Nel suo romanzo “I bancari hanno un’anima? E i banchieri?” racconta le vicende di un bancario che cerca di districarsi nei meandri della “prassi bancaria”, con una visione etica fuori moda che desta simpatia e partecipazione: un lavoro in banca più intrigante di quanto si possa supporre, una sofferta vicenda matrimoniale, un difficile rapporto con le donne, una malattia inquietante, simbolo del male di vivere, una contrastata relazione con la religione cattolica.

Di seguito un estratto dal libro e una video intervista all’autore.

“Si sapeva che la banca del nord era sempre più ambiziosa e (…) intendeva attuare la politica del carciofo, consistente nell’ acquisto graduale di istituti di credito piccoli e medi in modo da assumere un ruolo sempre più importante nel sistema creditizio italiano, auspice la Banca d’Italia che vedeva, nell’aumento di dimensioni delle banche, una migliore capacità competitiva e un contenimento dei costi di gestione. Un processo che avrebbe condotto il sistema bancario italiano in breve tempo a emulare la finanziarizzazione appena realizzata da Clinton con l’abrogazione della legge del 1933 che prevedeva la separazione tra attività bancaria tradizionale e banca d’affari. “Avete capito che scherzo ? Aveva detto Pineta furibondo ad un crocicchio di dirigenti spauriti che confabulavano animatamente nell’atrio dell’ascensore. “Ci incorporano ex abrupto unitamente ad altri istituti così riescono a fare il salto dimensionale da banca legata al territorio a banca nazionale e insieme nascondono meglio nelle pieghe del bilancio fondi grigi per non dire neri”. “Così fan tutti” –annuì un collega visibilmente sconsolato. “Certo, certo. Il sistema bancario si sta concentrando per diventare sempre più finanza e sempre meno finanziatore dell’economia. Se poi ci scappa una riduzione del personale tanto meglio” – soggiunse Pineta. “Che, fai pure il sinistrorso? Non ti sei mai occupato di queste cose sino ad ora”. Ribattè bieco un collega ex sindacalista. “Ma cosa c’entra la destra o la sinistra ? Qui ci sono dati evidenti: noi siamo una delle tante vittime sacrificali di questo nuovo andazzo. Quando le banche italiane faranno come in America, e non si distinguerà più l’attività di intermediazione da quella della finanza rimarranno pochi grandi gruppi e noi tutti a casa”! “Non siamo così sprovveduti da non capirlo. Ma ci vorranno ancora anni prima che la finanza speculativa prenda il sopravvento sull’economia e noi allora saremo già in pensione. Cerchiamo di difendere adesso le nostre posizioni; se stiamo uniti potremo ancora far argine”. – soggiunse un terzo che sorseggiava un caffè. Sapete che vi dico? Sibilò un altro dirigente canuto in preda alla collera. Me ne vado in pensione a fine anno e buona notte al secchio! Anzi prelevo i miei risparmi e li metto sotto il materasso! Ormai le parole non si misuravano più e ciascuno ci metteva del suo per accentuare la confusione. Pineta in cuor suo intanto pensava: “questi potrebbero mettere in vendita il cervello come nuovo, non avendolo mai usato”. Era quindi urgente per lui lasciarli sulle loro carrozze a cavalli e studiare una strategia per entrare nel novero della nuova dirigenza che si sarebbe formata a seguito della fusione. (…)”

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