In libreria “La lingua scema. Contro lo schwa (e altri animali)” di Massimo Arcangeli
LA LINGUA SCEMA. CONTRO LO SCHWA (E ALTRI ANIMALI)
Siamo di fronte a una pericolosa deriva, spacciata per anelito d’inclusività, che vorrebbe riformare l’italiano a suon di schwa. I fautori dell’uso di questo simbolo, peraltro consapevoli che l’“e rovesciata” non si potrebbe mai applicare alla lingua italiana in modo sistematico, predicano regole inaccettabili. Per esempio, sostenendo che le forme inclusive di “direttore” o “pittore” debbano essere “direttore” e “pittore”, sanciscono di fatto la morte dei femminili “direttrice” e “pittrice”, frutto di una travagliata evoluzione linguistico-culturale che, per secoli, ha occultato la donna nell’uso generalizzato del maschile. Con questo testo il linguista Massimo Arcangeli prende posizione a tutela della nostra lingua contro chi pretende di metter mano alla sua struttura profonda adottando (e promuovendo), perfino in contesti ufficiali o istituzionali, forme grammaticalmente inammissibili.Massimo Arcangeli ha lanciato su change.org la petizione “Lo schwa? No, grazie. Pro lingua nostra” che ha superato le 20 mila firme. Tra i firmatari anche Edith Bruck, Luca Serianni, Gian Luigi Beccaria, Paolo Flores d’Arcais, Alessandro Barbero, Cristina Comencini, Massimo Cacciari e molti altri nomi del panorama culturale italiano.
Quando poi lo schwa e lo schwa “lungo” (a forma di piccolo 3), adoperato per il plurale neutro, finiscono nei verbali di una Commissione nazionale, per l’abilitazione scientifica alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia, allora si devono alzare le barricate. Massimo Arcangeli
Un estratto:
La “e” rovesciata e altri simboli (slash, asterischi, chioccioline, ecc.), oppure specifici suoni (come la “u” in “Caru tuttu”, per “Cari tutti, care tutte”), che si vorrebbe introdurre a modificare l’uso linguistico italiano corrente, non sono motivati da reali richieste di cambiamento. Sono invece il frutto di un perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività. Rispetto agli altri lo schwa, affermano i sostenitori della sua causa, avrebbe il vantaggio di essere pronunciabile. Il suono è quello di una vocale intermedia, e gli effetti, se non fossero drammatici, apparirebbero involontariamente comici. Peculiare di diversi dialetti italiani, e molto familiare alla lingua inglese, lo schwa, stante la limitazione posta al suo utilizzo (la posizione finale), trasformerebbe l’intera penisola, se lo adottassimo, in una terra di mezzo compresa pressappoco fra l’Abruzzo, il Lazio meridionale e il calabrese dell’area di Cosenza.
MASSIMO ARCANGELI
Linguista, critico letterario e sociologo della comunicazione, insegna all’Università di Cagliari. È garante per l’Italianistica nella Repubblica Slovacca, collabora con la Società Dante Alighieri, l’Istituto della Enciclopedia italiana e molte testate giornalistiche nazionali. Fra i suoi libri pubblicati da Castelvecchi: All’alba di un nuovo Medioevo. Comunicazione e informazione al tempo di internet (2016); Faccia da social. Nazi, Webeti, Pornogastrici e altre specie su Facebook (con Valentino Selis, 2017); Il Renziario (2018); Il Salvinario e Una pernacchia vi seppellirà. Contro il politicamente corretto (2019); Sardine in piazza. Una rivoluzione in scatola? e L’avventurosa storia della stretta di mano. Dalla Mesopotamia al Covid 19 (2020).
L’articolo del Corriere della Sera a firma di Gian Antonio Stella
PRIMA PRESENTAZIONE A ROMA IL 7 MARZO LIBRERIA BOOKSTORIE