La prefazione di Maura Cossutta al libro “Lavoro diseguale” di Chiara Davoli e Valeria Tarditi
Pubblichiamo la prefazione di Maura Cossutta al libro “Lavoro diseguale” di Chiara Davoli e Valeria Tarditi, insieme a un testo delle due autrici tratto dall’introduzione.
Prefazione.
Femministe al lavoro
di Maura Cossutta
Proprio a luglio del 2020, subito dopo il lockdown, la Casa Internazionale delle Donne ha promosso l’“Assemblea della Magnolia”, riunendo una pluralità di esperienze, competenze e soggettività, con tantissime donne, tutte femministe da sempre impegnate per la libertà e l’autonomia delle donne. Volevamo capire cosa era successo e cosa ci era accaduto, sapendo che serviva un altro approccio, un’altra narrazione, a partire dalla vita concreta delle donne. Nel nostro documento abbiamo scritto: «Vogliamo prendere parola e contribuire alle scelte da fare oggi, per affrontare l’epidemia Covid-19, non come una guerra da vincere e per tornare alla normalità, ma come occasione per cambiare in radice noi, donne e uomini, ed il mondo in cui viviamo. Costruendo qui e ora un futuro a misura delle necessità e all’altezza dei nostri desideri». Gli anni terribili della pandemia stavano cambiando la vita di tutte e di tutti ma anche il nostro modo di pensare, di sentire. Per la prima volta in contemporanea in ogni parte del mondo milioni e milioni di persone sperimentavano e condividevano le stesse emozioni, paure, fragilità, la reciproca interdipendenza. Per la prima volta i bisogni del vivere e della cura del vivere, e non quelli del profitto, si imponevano come ineludibili. Prima di ogni altra cosa. La lezione del Covid-19 appariva chiarissima e quello che era stato rimosso o considerato frutto di ideologie superate diventava assolutamente evidente: la centralità della sanità e della scuola pubblica, il ruolo insostituibile dello Stato per garantire i diritti, l’importanza della difesa dell’ambiente contro la follia delle ricette neoliberiste, la riproduzione sociale come responsabilità pubblica e non destino biologico e naturale delle donne, la necessità di rimettere al centro di ogni idea di cambiamento la categoria del genere.
Ma mentre il Covid-19 smentiva ogni continuismo e riposizionava come prioritari i bisogni della cura, dell’altra e dell’altro, di noi stesse, delle condizioni della vita, della natura e della democrazia, dichiarandoli definitivamente non compatibili con l’interesse di un’economia del profitto, continuavano invece le inerzie delle vecchie idee, restavano indiscussi i modelli che avevano dimostrato il fallimento, si ripetevano stereotipi sulla divisione sessuale del lavoro come ordine naturale, lasciando le donne senza libertà. Serviva cambiare il paradigma, da quello del profitto a quello della cura, e avevamo capito che serviva quindi un’altra narrazione della pandemia, a partire dalle condizioni concrete della vita delle donne, partendo da un altro approccio, radicale e femminista, che assumesse il cambiamento non più solo come variabile soggettiva ma come necessità oggettiva della realtà. Serviva ascoltare, capire, indagare cosa era successo, e cosa ci era successo ma partendo dai soggetti, facendo parlare noi, loro, le donne. E abbiamo capito che era necessario cominciare dal lavoro, o meglio dai lavori: quello che c’è e quello che non c’è, quello garantito e quello precario, il lavoro produttivo e quello riproduttivo. Era necessario ripartire da questa complessità, raccontata dalle parole e dai sentimenti delle donne.
Per questo il libro con tutte le interviste è per noi molto interessante, l’abbiamo fortemente voluto come Casa Internazionale delle Donne, pensato come occasione per promuovere una riflessione e un’analisi sul mondo del lavoro, sulle trasformazioni avvenute in tutti questi anni, per interrompere da una parte i troppi silenzi di chi doveva parlare ed è rimasto muto e dall’altra l’enfasi delle ricerche degli uffici studi di Confindustria, delle università private e delle multinazionali, che via via si imponevano come analisi “oggettive”. Non è certo un’analisi statisticamente significativa, sono interviste qualitative, per permettere e costruire una relazione di ascolto, di scambio, con domande specifiche sulla vita lavorativa ma anche e soprattutto sul modo di pensare e di sentire, sulla percezione di sé che hanno le donne. L’idea è quella di ripartire dai soggetti e dall’analisi femminista e intersezionale, per tornare a dire che i diritti del lavoro e sul lavoro sono diritti sessuati, che attraversano i corpi e le vite delle donne. L’obiettivo è promuovere un’analisi critica, per denunciare il fallimento dell’illusione neoliberista, proprio a partire dall’esperienza del Covid-19. Mentre la pandemia palesava il dato strutturale di una “crisi della cura”, determinata dallo smantellamento dei sistemi di welfare pubblico, lasciando il profitto a occupare i bisogni sociali, era necessario ascoltare e capire gli effetti delle trasformazioni del mercato del lavoro sulla vita delle persone. E soprattutto delle donne. Mentre aumentano i profitti e la povertà cresce, che fine fanno le vite, le relazioni, i desideri, la libertà delle donne? Cos’è autonomia e cosa è libertà oggi per le donne? Lo smart working cosa è stato e cosa ha rappresentato per le donne? È scelta libera oppure obbligo? È flessibilità lavorativa, è maggiore libertà per le donne, oppure è disponibilità permanente che costringe a essere sempre connessi, senza più distinguere il lavoro dalla vita, senza tempo per sé, senza tempo sociale?
E il lavoro, che per le generazioni passate ha garantito autonomia e libertà delle donne e in quanto tale è stato considerato e percepito, oggi cos’è?
Tante domande, che interrogano il femminismo, i femminismi di ieri e di oggi, i cambiamenti che ci hanno attraversato, anche rispetto alla contiguità con l’ideologia neoliberista. Tante domande che sollecitano una riflessione profonda su come persino i nostri linguaggi, i nostri valori sono stati manipolati nel corso di questi decenni dall’ideologia neoliberista. La carica trasformativa della femminilizzazione della società è diventata spinta alla flessibilità, alla precarietà. Il tema dei tempi di vita e di lavoro non è più un tema strategico di cambiamento ma una modalità del mercato. Il valore e la cultura della cura sono serviti per smantellare il welfare pubblico e condannare le donne al destino biologico del lavoro di cura.
Il libro contiene storie, emozioni, paure, desideri, pensieri di donne, italiane e di origine straniera, tra loro diverse ma anche simili. È uno spicchio di realtà, certo, ma che nella sua parzialità rimanda alla necessità di continuare un percorso di lavoro, ricerca, confronto, dibattito pubblico. Impegno che sarà asse strategico dell’attività futura della nostra “Casa”. Ringraziamo quindi le intervistate, così come le ricercatrici e tutte le attiviste della Casa Internazionale delle Donne che hanno contribuito a realizzare questo libro che ci sollecita a continuare a indagare, e a creare un laboratorio permanente sul tema del lavoro e del rapporto tra questo e l’identità, la libertà e la piena possibilità di costruire liberamente e autonomamente la propria esistenza.
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“Le donne sanno quanto può essere lunga una giornata, quanto può essere dura una battaglia per il riconoscimento della propria diversità, quanto è tortuosa e accidentata la strada per un mondo più giusto. Il lavoro, la casa, la conciliazione dei tempi di vita, l’accesso ai servizi sociali, la salute e il benessere psico-fisico, l’istruzione, la partecipazione ai processi decisionali rappresentano alcuni ambiti in cui le disuguaglianze e le discriminazioni di genere si manifestano in modo dirompente. Il tema del lavoro ha da sempre occupato ampio spazio all’interno delle riflessioni e delle analisi femministe, venendo declinato secondo diverse prospettive che ne hanno evidenziato la complessità. Le battaglie condotte negli anni hanno favorito cambiamenti e miglioramenti sostanziali, ma ancora oggi molte sono le disparità di genere quando ci si rapporta con la sfera lavorativa e ricorrenti sono i tentativi di smantellare e svuotare di senso le conquiste finora raggiunte. Riteniamo importante continuare ad alimentare questo dibattito, e vogliamo farlo attraverso un testo che ha preso forma a partire dalle esperienze, le voci e gli immaginari delle donne. Oggi, il dibattito pubblico occidentale è spesso attraversato da notizie e commenti che celebrano i successi lavorativi, le carriere e la concomitante felice realizzazione familiare di donne note a livello mediatico, valorizzandone i percorsi individuali, la forza e la resilienza. Queste narrazioni non mettono in rilievo la persistente struttura di genere del mercato del lavoro né tantomeno prendono in considerazione le intersezioni delle disuguaglianze di genere con quelle di classe ed etniche. Le donne, anche nelle democrazie economicamente avanzate, sono tra le categorie che più subiscono gli effetti di quella complessiva aggressione che il neoliberismo economico esercita nei confronti dei diritti sociali, economici e lavorativi (…). Oggi precarietà, flessibilità, contratti a termine caratterizzano il mercato del lavoro. Ma proliferano anche partite iva, finte partite iva, lavoratrici autonome senza garanzie e tutele, doppi lavori. Formazione e lavoro hanno perso la loro attinenza. Non è inusuale sentire frasi di questo tipo: sei troppo formata per questo lavoro; hai pochi anni di esperienza; hai intenzione di fare figli? È anche qui, in queste dinamiche di potere che attraversano il mondo del lavoro, che la violenza di genere si esprime prepotentemente. Ed è proprio per mettere in evidenza tali ingiustizie che dal 2017 numerose organizzazioni femministe e transfemministe, gruppi di donne di tutto il mondo hanno deciso di convocare uno sciopero internazionale in occasione dell’8 marzo. Da sei anni lo sciopero coinvolge quasi un centinaio di Paesi ed è organizzato con l’obiettivo di connettere la violenza machista e patriarcale alle forme di oppressione e discriminazione che molte donne subiscono nel contesto lavorativo. Il recupero di questa forma di protesta pone al centro il lavoro, riconoscendolo come un ambito fondamentale di lotta e rivendicazione dei diritti collettivi. E ancora una volta, poi, è importante sottolineare che quando parliamo di “lavoro” non ci riferiamo solamente a quello retribuito, ma anche a quello non retribuito svolto per la famiglia o la comunità, quello gratuito, non pagato o mal pagato. Ricorrere alla forma dello sciopero globale è una modalità per richiamare l’attenzione su tali questioni e problematizzarle. Per noi — e questo libro ne è l’espressione — un’altra forma per conoscere e creare coscienza è fare inchiesta …”.
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Dal libro “Lavoro diseguale” di Chiara Davoli e Valeria Tarditi, in libreria dal 17 marzo.