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2 agosto, anniversario della Strage di Bologna

In uscita in libreria Operazione Bologna. 1975-1980: l’inarrestabile onda della strategia della tensione di Antonella Beccaria e Cinzia Venturoli. Il 31 luglio alle 18:00 il libro sarà presentato alla Coop Ambasciatori di Bologna in collaborazione con l’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 Agosto 1980. Ne parla con le autrici Paolo Bolognesi.

Pubblichiamo un estratto dalla premessa del libro

“Io voglio giustizia. Voglio verità e giustizia. Non è molto, ma sembra impossibile ottenerle. Io chiedo che i responsabili vengano cercati, trovati, puniti. Senza cuore? Ma è proprio perché di cuore ne ho che dico che bisogna andare avanti. Queste tragedie sono personali e individuali, ma sono anche pubbliche e sociali. Se ognuno si rinchiude in se stesso, si smarrisce la dimensione collettiva. Scema la tensione morale, si dimentica. E fra qualche anno saremmo ancora qui a piangere altre disgrazie, a seppellire altri morti innocenti. La giustizia diventa esempio, aumenta la vigilanza, fa crescere la consapevolezza”.

Così affermava nel 1989 Torquato Secci, primo Presidente dell’Associazione fra i familiari delle vittime della strage del 2 agosto, sottolineando come ottenere verità e giustizia sia un diritto, in primo luogo, di chi è stato colpito da quel crimine, ma lo sia egualmente anche per l’intera comunità quando si tratti di «crimini grandi e sproporzionati». Verità e giustizia sono un binomio solido: la verità è «precondizione di giustizia. E se un tribunale deve fare giustizia – accertare fatti, definire responsabilità, applicare sanzioni – deve cercare la “verità” nella sua integralità, anche oltre ciò che è strettamente necessario per condannare o assolvere». Il diritto alla verità, equiparabile in tutto e per tutto agli altri diritti umani, è stato rivendicato, in primis, dalle persone colpite dalle gravi violazioni che vengono perpetrate ad esempio durante le dittature; e si è esteso, tanto che dal 2010 il 24 marzo è la Giornata internazionale per il diritto alla verità sulle gravi violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime ed è forse interessante notare come la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia messo in rilievo la dimensione collettiva del diritto alla verità, così come aveva sottolineato anche Torquato Secci.

[…]

In alcuni casi, verità storica e verità giudiziaria non coincidono, in alcuni divergono: nel caso della strage alla stazione, non vi è evidenza di contraddizioni tra la ricostruzione giudiziaria e quella storica. Quest’ultima, libera dal compito proprio del giudice, può più agevolmente ricostruire contesti, nessi di senso e significati anche alla luce delle prese di posizione politiche che hanno accompagnato la storia di una strage in questi oltre quarant’anni.
C’è un’ultima considerazione da portare in rilievo prima di lasciare il lettore alla narrazione che segue e parte da una domanda: ormai molti volumi sono stati scritti sulla strage avvenuta il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna e allora perché un altro libro? I motivi sono molteplici. Innanzitutto, era necessario provare a raccontare quello che le recenti indagini, e i processi che ne sono scaturiti, hanno messo in luce rispetto a quella strage, sia per quanto riguarda i meccanismi che l’hanno provocata, sia per il contesto in cui si è svolta. A nostro avviso, infatti, quello che è stato discusso nei dibattimenti e quello che è stato scritto nelle motivazioni delle sentenze ribadisce come la strage di Bologna sia perfettamente inserita in quella che è la strategia della tensione.
A lungo è stato detto che quella stagione, che sfruttava il terrorismo indiscriminato a scopo di destabilizzazione politica, era definitivamente tramontata nel 1974. E allora va fatta una breve premessa. L’espressione “strategia della tensione” nacque nel contesto giornalistico britannico23 in riferimento alle bombe del 12 dicembre 1969 esplose a Milano e a Roma. In seguito, il suo significato venne via via a modificarsi e ad ampliarsi e divenne sinonimo di una situazione, peculiare, in cui gli attentati e le stragi, i depistaggi erano alla base di un percorso atto a condizionare la vita democratica e la partecipazione in un’Italia percorsa da fermenti culturali e politici di grande rilievo. Divenne quindi un’espressione estremamente diffusa nel linguaggio comune, entrò nei termini della ricerca storica e, a volte, subì un uso, e forse un abuso, dettato da volontà di parte.
Dal 1969, secondo la nostra analisi, la strategia della tensione ha visto nel 1974 una data periodizzante, dato che proprio in quell’anno avvennero la strage di Brescia e quella dell’Italicus, vi fu l’ultimo piano per un colpo di Stato, il golpe Bianco, ed ebbero termine due delle dittature di estrema destra dell’Europa mediterranea – Portogallo e Grecia – e l’anno successivo, con la morte di Francisco Franco, terminò anche il regime spagnolo. In questo contesto, a livello nazionale il terrorismo di destra sembrò arretrare davanti all’incalzare di quello di sinistra, che in effetti assunse dimensioni notevoli fino all’attacco al “cuore dello Stato”, con il rapimento e l’uccisione del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro.
Ma l’eversione neofascista, nella realtà dei fatti, fu ridimensionata solo nella rilevanza delle cronache quotidiane. In realtà, dopo una riorganizzazione che, tra il 1974 e il 1975, superò la fase del rodaggio, nel biennio che chiuse gli anni Settanta lambì più volte la dimensione stragista del proprio agire e lo superò atrocemente con l’esplosione del 2 agosto 1980, nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna. Come cercheremo di mostrare, quella strategia non terminò dunque nel 1974, ma continuò, si adeguò ai mutamenti dettati dal passare del tempo senza perdere la sua volontà principale di condizionare, modificare, deviare l’espressione della democrazia italiana.
I più recenti avanzamenti giudiziari – quelli che vedono imputati in due diversi processi da un lato Gilberto Cavallini e dall’altro Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia, non ancora condannati in via definitiva nel momento in cui si scrive – ricostruiscono invece un quadro in base al quale, al di là delle responsabilità personali ancora in via di accertamento e interpolando precedenti ricostruzioni della magistratura che già diverse evidenze avevano sottolineato, la strategia della tensione scavallò la metà degli anni Settanta e, nella seconda parte di quel decennio, preparò il più ferale degli attentati che l’Italia repubblicana abbia conosciuto. Questa, però, non è solo una storia di fascisti mai domi in lotta contro la Repubblica antifascista scaturita dalla lotta di Liberazione. È una storia molto più cupa che, tra i comprimari, vide sicuramente l’eversione nera fornire la manovalanza. Ma, dal punto di vista dei protagonisti – e dei mandanti –, denuncia un connubio di forze criminali molto più blasonate, annidate nel cuore delle istituzioni, che come obiettivo avevano in sostanza la propria preservazione e l’estensione dei propri affari, che non escludevano un sovvertimento istituzionale soft, in senso presidenziale. Come nella prima fase della strategia della tensione, però, la vita umana conservò un valore invariato: quello di pedina, sacrificabile – e sacrificata – in uno scacchiere più ampio, in modo che la conventio ad excludendum delle sinistre, vecchia storia dal primo dopoguerra in avanti, restasse un dogma, lasciando le opposizioni parlamentari confinate a una retrovia destinata a essere eliminata dal contesto istituzionale. Questo libro è il racconto di ciò che accadde in quella seconda metà degli anni Settanta e di un movente inconfessabile, affossato da decenni di depistaggi e inquinamenti che solo gli ultimi processi hanno iniziato a dissipare con maggiore forza rispetto al passato. Il nostro è un piccolo tassello, quello che ci ha mosso è la convinzione che la ricerca della verità, giudiziaria e storica, sia un diritto e un dovere fondamentale, così come lo è la divulgazione della conoscenza.

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Operazione Bologna. 1975-1980: l’inarrestabile onda della strategia della tensione

Antonella Beccaria, Cinzia Venturoli

Collana Nodi – pp. 178 – 18,50€

A lungo si è creduto che la strategia della tensione si fosse conclusa a ridosso della metà degli anni Settanta. Le ultime inchieste giudiziarie, culminate nel processo ai mandanti celebrato a Bologna, certificano che quell’ipotesi è sbagliata. Tra il 1975 e il 1980 c’è stato un crescendo di violenza che non è l’esito di un progetto concepito e attuato unicamente dalla generazione più giovane di terroristi di estrema destra. La documentazione più recente dimostra infatti la regia delle organizzazioni neofasciste della vecchia guardia, legate a piani geopolitici orchestrati dalla loggia P2. Uno scenario di trame oscure che «scavallò la metà degli anni Settanta e preparò il più ferale degli attentati che l’Italia repubblicana abbia conosciuto»: la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

ANTONELLA BECCARIA
Giornalista, saggista e audiodocumentarista, ha lavorato a produzioni per Rai 1, Rai 3, Rai Radio 3, Sky e Crime+Investigation. Si occupa di terrorismo, strategia della tensione e criminalità organizzata. Tra i suoi libri più recenti, pubblicati per PaperFirst, ricordiamo: I soldi della P2 (con F. Repici e M. Vaudano, 2021), Dossier Bologna (2020) e Piazza Fontana. I colpevoli (2019).

CINZIA VENTUROLI
Professoressa a contratto al dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna, si è occupata di storia della Seconda Guerra Mondiale, della Resistenza e del dopoguerra, di storia di genere e di didattica della storia. Da molti anni lavora sulla storia italiana degli anni Settanta, con particolare attenzione ai movimenti politici, ai terrorismi e al rapporto fra storia e memoria. Per Castelvecchi ha pubblicato Storia di una bomba (2020).

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