Giorno della Memoria – L’ascesa dell’antisemitismo in Romania, il Diario di Mihail Sebastian
Accolto alla sua pubblicazione nel 1996 come un vero evento letterario, il Diario di Mihail Sebastian è uno dei libri fondamentali della letteratura del XX secolo. Capolavoro della memorialistica tradotto in diverse lingue, straordinaria testimonianza di una coscienza ebraica, narra vicende pubbliche e private che si snodano lungo quasi un decennio e si intrecciano agli eventi politici e culturali della Romania e dell’Europa della Seconda Guerra Mondiale. In questo intimo resoconto della sua esistenza, Sebastian descrive un crescente senso di emarginazione e il diffuso clima di antisemitismo in una cronaca personale e filosofica, sempre oscillante tra speranza e dolore. La storia – con la conquista di Parigi da parte dei nazisti e i pogrom dell’Est – accompagna così le minuzie della vita quotidiana di un fine intellettuale, tra incontri con figure eminenti della cultura romena come Mircea Eliade o Emil Cioran, appassionati amori letterari e il pericolo incombente della deportazione.
«Straordinario, merita di stare sullo stesso scaffale del Diario di Anne Frank. Una mente letteraria sofisticata che osserva con orrore la crudeltà, la vigliaccheria e la stupidità degli amici gentili e mondani dell’élite culturale di Bucarest mentre si trasformano volontariamente in criminali e partecipano, alleati con i nazisti, a un “delirio antisemita” inarrestabile»
PHILIP ROTH
«Questo libro è vivo, la storia di un’anima nelle spietatezze dell’ultimo secolo, avvenute proprio sotto gli occhi di Sebastian. Una prosa che potrebbe essere di Cechov: la stessa modestia, la stessa onestà e la stessa acutezza nell’osservazione. Ecco una vita il cui incantesimo durerà a lungo»
ARTHUR MILLER
Pubblichiamo un estratto dall’introduzione a firma dei due curatori: Mauro Barindi e Horia Corneliu Cicortas
Nel caso di Sebastian, la testimonianza del suo Diario è tanto più preziosa in quanto, dopo il trauma del 1934 – la sospensione di «Cuvântul», la violenta prefazione antisemita di Nae Ionescu al suo romanzo Da duemila anni e lo scandalo che ne è conseguito –, egli si è risvegliato alla realtà, abbandonando lo stile aggressivo, sarcastico e sulfureo della sua pubblicistica precedente, adottando un tono pacato, evitando ogni polemica e situandosi, come si è detto in precedenza, su una posizione equilibrata, sempre più filodemocratica (non più di destra ma nemmeno di sinistra) e, durante gli anni della guerra, filoinglese. L’ascesa e l’espansione della Guardia di Ferro, e le varie schermaglie tra questa e gli ambienti governativi (e del Re), sono certamente uno dei temi ai quali Sebastian, come (ex) collaboratore di Nae Ionescu nonché ebreo, era particolarmente sensibile, come si evince dal Diario, soprattutto quando la violenza, le uccisioni e le distruzioni dilagano, spesso impunemente; momenti particolarmente drammatici sono il settembre 1939 (l’assassinio di Armand C?linescu e le successive rappresaglie antilegionarie), la ribellione legionaria del gennaio 1941, il pogrom di Ia?i e i treni della morte (giugno 1941), infine, a seguire, la deportazione degli ebrei di Bucovina in Transnistria, le misure sempre più severe contro la popolazione ebraica e le aspirazioni naziste verso una Romania judenfrei. Per converso, nell’autunno del 1944, dopo un breve momento di euforia per l’arrivo dell’Armata Rossa, Sebastian avverte i pericoli provenienti dal versante sovietico. Solo che non ebbe più modo né di espatriare, né di assistere alle dinamiche politiche successive al 1947, quando Re Mihai sarà detronizzato e costretto all’esilio. D’altronde, la testimonianza di Mihail Sebastian (il cui Diario è, insieme ma distintamente, diario intimo, culturale – soprattutto letterario e musicale – e politico) è tanto più preziosa in quanto rispecchia l’esperienza di uno scrittore che “scopre” nel 1934 di essere ebreo (ebreo, romeno e danubiano, aveva affermato nel suo romanzo), nel contesto dell’antisemitismo crescente e delle polemiche seguite alla prefazione di Nae Ionescu. Nel Diario, quando scrive “noi”, intende dire “noi ebrei”, e il senso di appartenenza alla comunità ebraica viene rafforzato dagli eventi ostili esterni. Inoltre, lo scrittore frequenta ambienti vicini a personalità importanti della vita culturale e pubblica romena: oltre a Nae Ionescu o Mircea Eliade (che gradualmente spariranno dalla sua vista e dalla sua vita), ci sono Camil Petrescu, Constantin Vi?oianu, Antoine Bibescu, Petru Comarnescu, Eugen Ionescu e vari altri intellettuali, di diversa formazione e orientamento politico, e infine gli ambienti teatrali (compresi i suoi amori con attrici del tempo): ne risulta un affresco tutto particolare, policromo, fatto di luci, ombre e molti chiaroscuri. Colpisce, peraltro, che a Bucarest, dove il nostro autore coltiva queste frequentazioni, si senta, come scrittore e individuo (ma anche come avvocato senza vocazione), a disagio e sempre più solo: sogna i monti, il mare, la tranquillità “cosmica” della campagna. Infatti le sue vacanze sui Carpazi, a sciare sulla neve o a passeggiare per i boschi, o in riva al Mar Nero, si rivelano spesso anche i periodi più creativi e umanamente più felici. Vivere e descrivere in prima persona l’ascesa dell’antisemitismo in Romania è, per il diarista Sebastian, un’esperienza dolorosa, che si aggiunge all’amarezza per i vari naufragi personali (professionali, umani, erotici) e che si acuisce quando riscontra, nei suoi amici, la “rinocerite” di cui parlerà, nel suo teatro, il futuro Eugène Ionesco. E si inasprisce ulteriormente nel periodo della guerra, seguita con trepidazione, molta ansia e poche speranze, giorno per giorno, tramite la radio, la stampa, le conversazioni con gli amici e i conoscenti. A ciò si aggiunge l’esperienza, vissuta in modo piuttosto traumatico, del servizio militare (varie mobilitazioni prima e dopo lo scoppio della guerra nel settembre del 1939), e le umilianti giornate e settimane di lavori forzati imposti alla popolazione ebraica, insieme ad altri provvedimenti aberranti, dal regime militare di Ion Antonescu. Per questo non stupisce se, nelle annotazioni del capitolo finale, il 1944, egli accolga con grande sollievo la liberazione a opera dell’Armata Rossa: l’iniziale entusiasmo (seguito da una crescente preoccupazione) non è un duplice e contrastante sentimento, perché Sebastian, come si era ricordato in precedenza, non era un uomo di sinistra né tantomeno comunista. L’Armata Rossa era la forza, della compagine antinazista, “toccata in sorte” ai Paesi dell’Europa centro-orientale. Ovviamente, sarebbe stato meglio “finire” nel settore angloamericano, ma intanto il male maggiore, dal punto di vista dei romeni filoalleati, era passato. Nel 1944, il potere sovietico era considerato, in quest’ottica, se non un bene oggettivo, perlomeno un male minore. Ad ogni modo, il valore storico del Diario di Sebastian è indubitabile, non a caso è stato accostato ad altri diari concernenti l’olocausto, come quello di Anne Frank, di Primo Levi o (per certi versi il più simile a quello di Sebastian) di Victor Klemperer. Del resto, in Romania e altrove, la pubblicazione del Diario ha portato con sé ampi dibattiti e nuove ricerche critiche su aspetti storici in precedenza meno conosciuti.
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MIHAIL SEBASTIAN
(Braila, 1907 – Bucarest, 1945)
Pseudonimo di Iosef Hechter, è stato un romanziere e drammaturgo romeno di origini ebraiche. Trasferitosi a Bucarest per studiare Giurisprudenza, inizia a collaborare con numerose riviste letterarie e quotidiani. Sulla sua condizione di ebreo e l’antisemitismo che permea la società romena scrive Da duemila anni (Fazi, 2018). Nel Diario, rimasto inedito fino al 1996, riversa ogni aspetto del proprio vissuto fino alla sua tragica morte, avvenuta in seguito a un incidente stradale. Le sue opere fanno ormai parte del canone del Novecento romeno. In italiano sono apparsi anche Donne (Mimesis, 2023) e La città delle acacie (Besa Muci, 2023).