Autobiografia scientifica

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Max Planck
Autobiografia scientifica
Le autobiografie degli scienziati si stanno rivelando sempre più strumenti in­dispensabili per ricostruire con maggiore aderenza ai fatti le varie dinami­che in atto nella storia e nella struttura del pensiero scientifico. La stessa Autobiografia scientifica di Max Planck aiuta a comprendere meglio il suo “mondo” concettuale e le difficoltà incontrate nell’assimilare il “novum” introdotto, e ad as­segnare un ruolo non secondario al “credo” epistemologico-filosofico di fondo che gli ha permesso di compiere dei passi decisivi nella storia della fisica. Nello stesso tempo essa si rivela una preziosa testimonianza di natura teoretica di quel “rea-lismo inquieto” che lo ha caratterizzato in maniera costante, oltre a ribadire il fatto che le questioni filosofiche affrontate sono scaturite dai problemi scientifici al centro del suo percorso di ricerca. In tal modo viene inoltre ad acquistare più senso epistemico l’idea stessa di Assoluto, liberato da interpretazioni fideistiche o provvidenzialistiche.

 

Max Planck
(Kiel, 1858 – Gottinga, 1947) Dopo aver studiato matematica e fisica è stato docente universitario a partire dal 1880; ha dato dei fondamentali contributi alla termodinamica e nel 1900 diede inizio a quella che sarebbe diventata in seguito la teoria dei quanti. Premio Nobel nel 1918, diresse dal 1930 al 1937 la Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft, oggi denominata Max-Planck-Gesellschaft. È stato inoltre autore di diversi saggi di natura filosofica da dove emerge una chiara visione unitaria del reale.

 

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