Il male del Novecento
Vittoria Franco
Il male del Novecento. Itinerari filosofici
Che cosa distingue il male ordinario dal male radicale emerso nel Novecento con la Shoah, con il dominio totale sui corpi e sulle menti degli internati? Dopo Auschwitz occorreva cercare definizioni diverse, inventare nuove parole, perché era entrato nel mondo un male assoluto, non definibile in relazione ad alcun bene, svincolato da ogni limite di ciò che è possibile. Nei lager si è consumata la distruzione dell’etica e decretata la «superfluità» degli umani. Autori come Hannah Arendt, Ágnes Heller, Emmanuel Lévinas, Vladimir Jankélévitch, Luigi Pareyson, Zygmunt Bauman e Primo Levi hanno intuito che in quei luoghi abissali si mirava ad annientare l’umanità dell’uomo; hanno quindi cercato di costruire antidoti, un diverso ethos democratico condiviso, basato sul rispetto della dignità della persona, della quale le vittime del nazismo sono state spogliate.
VITTORIA FRANCO
È stata ricercatrice di Storia della filosofia presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, dove ha insegnato Storia delle dottrine politiche. Dal 2001 al 2013 è stata senatrice della Repubblica nelle fila del Partito Democratico. Ha pubblicato, tra gli altri, Etiche possibili. Il paradosso della morale dopo la morte di Dio (Donzelli Editore, 1996), Care ragazze. Un promemoria (Donzelli Editore, 2011) e Responsabilità. Figure e metamorfosi di un concetto (Donzelli Editore, 2015). Per Castelvecchi ha curato Parole della convivenza (2020) e scritto la Prefazione a Gesù l’ebreo di Ágnes Heller (2023).
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