John Ruskin
Marcel Proust
John Ruskin
Di John Ruskin si è detto, anzitutto, che era realista. E, infatti, egli ha spesso ripetuto che l’artista deve semplicemente attenersi all’imitazione della natura, «senza nulla rifiutare, nulla disprezzare, nulla scegliere». Ma si è detto anche che era intellettualista, perché scrisse che il miglior quadro è quello che contiene i pensieri più alti. Qualcuno ha poi detto che non era neppure un artista, perché faceva intervenire nell’apprezzamento della bellezza considerazioni forse più elevate, ma in ogni caso estranee all’estetica. Il Ruskin di Proust non ha nulla della biografia, e forse ha poco anche del saggio. Ha, come sempre in Proust, Proust stesso. E il lettore potrà accompagnare il padre della Recherche – di cui questo testo potrebbe sembrare uno stralcio – nei suoi pellegrinaggi ruskiniani, ad Amiens e altrove, e scoprire le tante consonanze, le vicinanze ideali e artistiche che lo legarono con un filo speciale all’opera e al pensiero del genio britannico
Marcel Proust
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